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“Mamma, anche tu morirai?”. Come affrontare il tema della morte con i tuoi figli

Tra i genitori che incontro durante le consulenze o i percorsi di Scuola Genitori c’è sempre qualcuno di loro particolarmente preoccupato perché non sa come affrontare il tema della morte con i propri figli.

Spesso i bambini fanno domande esplicite su questo argomento dopo aver guardato un film, aver ascoltato un telegiornale. Altre volte l’occasione è rappresentata dalla morte di un animale domestico o dall’aver perso un parente caro.

“Perché si muore?”, “Il criceto non si muove più, come mai mamma?”, “Papà, perché il nonno non torna più?”, “Mamma, anche tu morirai? Io non voglio!”

Certo, è assolutamente normale sentirsi a disagio di fronte ai quesiti esistenziali che ci pongono i nostri figli.

Quando diventiamo genitori quello che desideriamo di più è che loro siano felici.

Sentiamo di doverli proteggere da tutto ciò che, in qualche modo, possa mettere a repentaglio la loro serenità. Perciò, la tristezza e le emozioni dolorose che provano entrano automaticamente in conflitto con il nostro desiderio di vederli sempre felici e contenti.

Se mi conosci e mi segui da un pò sai che, come pedagogista montessoriana, il mio principale obiettivo è offrire ai genitori gli strumenti di cui hanno bisogno per accompagnare in modo efficace la crescita dei propri figli e contemporaneamente occuparsi della propria come genitore.

Perciò, ho raccolto in questo articolo alcune informazioni per aiutarti a utilizzare l’approccio migliore nel parlare del tema della morte con i tuoi figli.

Voglio segnalarti tre domande che dovresti assolutamente porti prima di affrontare la questione.

1) Tuo figlio ha la maturità cognitiva per comprendere concetti molto complessi come l’irreversibilità?

Questa è sicuramente la prima domanda da farsi.

Fino ai 6/7 anni i bambini non riescono a comprendere appieno il concetto di morte come qualcosa di non modificabile.

E la morte rappresenta l’evento irreversibile per eccellenza.

Proprio per questo sono assolutamente da evitare frasi come “Il nonno è andato via e non torna più” o l’utilizzo di un linguaggio metaforico “si è addormentato per sempre”.

Si tratta di espressioni che possono confondere un bambino piccolo a cui non interessano spiegazioni filosofiche, ma che ha invece bisogno di adulti che parlino con lui attraverso un linguaggio concreto: “Il nonno è morto: non respira più, non cammina più, non mangia più. Lo metteremo sotto terra come abbiamo fatto con il criceto e andremo a portargli dei fiori”.

Anche se questo modo di descrivere la situazione può sembrarti eccessivamente crudo e aggressivo, in realtà risulta meno spaventoso di altre spiegazioni che richiederebbero una capacità immaginativa e di ragionamento che va oltre la dimensione concreta.

E che il bambino al di sotto dei 7 anni non possiede ancora.

Dirgli “il nonno ci ha lasciato” lo sconcerta. Non può crederci e rischia di suscitare in lui rabbia e rancore nei confronti del nonno perché se n’è andato, e proprio per questo è da considerarsi “cattivo”.

Piuttosto, per aiutare un bambino così piccolo – che non è ancora in grado di spiegarsi l’irreversibilità di un evento – ad avere la percezione che in qualche forma la relazione con la persona a lui cara continua sono indispensabili i riti, come, per esempio, dare sepoltura al proprio animale o andare al cimitero “a trovare il nonno per raccontargli come va a scuola…”.

2) Pensi che sia meglio evitare di parlarne per evitare di farlo soffrire?

Spesso noi adulti siamo convinti che stiamo proteggendo i nostri figli, ma non ci rendiamo conto che in realtà gli stiamo complicando la vita.

Succede, per esempio, nel caso in cui muore qualcuno a loro molto caro, una nonna, un fratello, un amico (ma anche un pesciolino!) e allora “raccontiamo” la morte minimizzando quanto accaduto, li lasciamo a casa con qualcuno per evitare di portarli al funerale e quando fanno domande esplicite su quanto successo o ci chiedono se anche loro e noi moriremo, rispondiamo che sono ancora troppo piccoli per capire.

Così gli suggeriamo di “non pensarci”.

Caro genitore, se è in questo modo che stai affrontando il tema della morte con tuo figlio, credi davvero che evitare di parlarne sia il modo migliore per non farlo soffrire?

Devi sapere che anche se mosso da buone intenzioni dire a tuo figlio che “non sono cose a cui deve pensare un bambino” non gli servirà a non pensare a ciò che gli fa paura o lo preoccupa.

Certo, la morte non è un argomento leggero da affrontare.

Si tratta sicuramente di un evento molto doloroso nella vita di un bambino che gli farà provare emozioni intense di paura, tristezza, dolore perché, soprattutto se si tratta di persone a lui care, vengono a mancargli punti di riferimento importanti.

Cercare di nascondere la verità o non dire cosa è accaduto fa sentire a un bambino che non può fidarsi degli adulti che lo circondano.

È questo si che è un vero trauma!

Purtroppo non possiamo evitare ai nostri figli di sperimentare prima o poi il dolore per la perdita di qualcuno.

Possiamo e dobbiamo, invece, evitare di tradire la loro fiducia.

Maria Montessori sosteneva che non bisogna ingannare i bambini perché ripongono fiducia totale in noi. Ogni travisamento della realtà, anche se “innocuo” rischia di rovinare il terreno su cui si costruisce una salda relazione tra loro e noi genitori.

Cara mamma, caro papà, non è parlando della morte o vivendola direttamente, nel caso muoia una persona conosciuta, che il tuo bambino ne rimane traumatizzato.

Piuttosto è il contrario.

Evitare di parlarne, di ascoltare ciò che nostro figlio ha da dirci o addirittura bloccarlo se tenta di farlo, alimenta a dismisura le sue paure, lo fa sentire “sbagliato” per quello che prova e gli passa il messaggio che “è così spaventosa e terrificante che non se ne può parlare”, “se ne parlo la mamma si rattrista e si spaventa. Deve essere proprio terribile. È meglio che tenga per me questi pensieri”.

Un bambino che trattiene un dolore per “tranquillizzare” mamma o papà terrà questa sofferenza nel più profondo del suo cuore e quando sarà adulto si sarà indurito così tanto da non essere in grado di riconoscere, accettare e comprendere le proprie e altrui emozioni.

Attenzione, però!

Essere schietti e sinceri con i nostri figli non significa ricorrere a spiegazioni troppo dure “La morte è la fine di ogni cosa” o a giri di parole che tentano di edulcorare il discorso.

I bambini ne rimarrebbero impauriti, confusi. Bisogna invece fare riscorso a parole e immagini rassicuranti, comprensibili, facilmente assimilabili e offerte attraverso simboli a loro accessibili.

Per esempio, il ciclo di vita delle piante e dei fiori o l’andamento delle stagioni possono aiutarci a spiegare ai nostri figli concetti legati alla transitorietà e alla temporaneità. E non stanchiamoci di ascoltarli, anche quando continuano a porci ossessivamente le stesse domande. In fondo, è un modo per sentirsi rassicurati.

I bambini sono in grado di gestire la realtà molto meglio di quanto immaginiamo.

L’importante è presentargliela amorevolmente, cercando di vedere le cose dal loro punto di vista, dandogli la possibilità di fare domande, esprimere emozioni e aiutandoli, giorno dopo giorno a prendersi cura del loro dolore, cercando qualcosa che vada bene a loro:

  • portare fiori sulla tomba
  • raccogliere foto e oggetti che mantengano vivo il ricordo della persona che non c’è più
  • piantare semi e prendersi cura di ciò che crescerà
  • regalare un cucciolo che possa fargli compagnia soprattutto quando si sentiranno soli…

“E importante rispettare e riconoscere il dolore di un bambino. Quando tentiamo di evitarglielo è forse a noi stessi che tentiamo di evitare il dolore che ci procura il veder soffrire un bambino, ma in questo modo priviamo sia lui che noi stessi di una cosa molto importante”. A. Marcoli

Ed ecco la prossima domanda che dovresti porti:

3) Come risuonano dentro di te le sue parole, le sue emozioni, i suoi pensieri?

Se sei tra i genitori che mi seguono da un po’ sai molto bene che la consapevolezza emotiva rappresenta uno dei pilastri del lavoro che svolgo quotidianamente con le mamme e i papà che si rivolgono a me per essere aiutati a realizzare nel miglior modo possibile il loro compito educativo.

Affrontare il tema della morte con i nostri figli ci fa entrare in contatto con le nostre paure, le nostre ansie, ed è da queste che dobbiamo partire per non ostacolare il loro processo di accettazione del dolore legato a una perdita.

L’eco di ciò che i nostri bambini vivono di fronte alla morte di qualcuno a loro familiare deve risuonare dentro di noi senza che il loro vissuto calamiti le nostre paure, le nostre angosce più profonde, la rabbia, la sofferenza. Non dobbiamo soccombere con loro, ma offrire ai nostri figli la sicurezza necessaria per affrontare le loro fatiche emotive.

In poche parole, per aiutare i nostri figli dobbiamo prima aver elaborato noi il nostro lutto.

Altrimenti ci sentiremo “minacciati” dalle loro reazioni e tenderemo a mettere in atto comportamenti che hanno lo scopo di prevenire o inibire le emozioni dei nostri bambini e che invieranno i seguenti messaggi “E’ insopportabile per me vederti così triste”, “Non hai il diritto di provare queste emozioni così intense, mi fai soffrire troppo”.

Lo so. Non è facile.

Se lo pensi non posso fare altro che darti ragione.

Ma sappi, che è ancora più difficile essere figli nel momento in cui bisogna accollarsi le paure, le preoccupazioni, le ansie, i dolori dei propri genitori!

Un carico di stress emotivo poco sostenibile per un bambino.

Purtroppo, come scrive I. Filliozat “se non siamo stati autorizzati a versare lacrime quando avevamo l’età dei nostri figli, allora cerchiamo di far cessare le loro. Non vogliamo vederli soffrire perché la loro sofferenza ci mette a disagio”.

Cosa fare allora?

Se un dolore di vecchia data, legato a una perdita, ti blocca emotivamente, devi liberartene.

Fa parte della tua responsabilità di genitore affinchè non siano i tuoi figli a sentirsi costretti a farsene carico. “I bambini sono pronti ad abdicare a gran parte della loro personalità per tentare di riportare il sorriso sul volto di un genitore troppo triste”. I. Filliozat

Sulla base degli studi e delle ricerche degli ultimi decenni i genitori capaci di padroneggiare le loro emozioni sono più consapevoli delle emozioni dei propri figli ed in grado di empatizzare con loro, rasserenarli e guidarli.

Cara mamma, caro papà, cosa stai facendo per aumentare la tua consapevolezza emotiva?

Ricorda che tutto ciò che non hai risolto dentro di te dovrà, in un modo o nell’altro, affrontarlo tuo figlio, tua figlia.

Se vuoi migliorarti e guarire dalla tua infanzia ferita per diventare un genitore emotivamente consapevole capace di agire affinchè le esperienze più faticose possano trasformarsi, per i tuoi figli, in opportunità di crescita, allora posso darti una mano a farlo.

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Daniela Scandurra – Pedagogista Montessoriana

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