Nel 1994 nasce il meraviglioso Manifesto dei Diritti Naturali dei bambini, grazie a Gianfranco Zavalloni che è stato Dirigente scolastico e ancora prima maestro di scuola dell’infanzia, sempre interessato alle tematiche ambientali e soprattutto alla naturalità dello sviluppo infantile.
Ne prendo spunto per condividere con voi alcune riflessioni in merito alla necessità, o meglio al dovere, da parte degli adulti, di rispondere adeguatamente ai bisogni essenziali dei nostri bambini. Trasformati sempre più in cittadini, la loro quotidianità si svolge prevalentemente dentro il chiuso degli edifici, incollati davanti alla TV o ai videogiochi o impegnati in corsi e percorsi programmati ad hoc per loro.
- Il bisogno di vivere un tempo lento,
“rallentato”, non compresso, non “programmato” quotidianamente. Un tempo per stare sdraiati su un prato, per “oziare”, magari sul divano di casa, sperimentando quel dolce far niente che tanto ci spaventa, spingendoci a ricordare ai nostri bambini che non devono perdere tempo!
È indubbio che le loro giornate vengono spesso scandite da un ritmo eccessivamente serrato. Sembra quasi che un bambino lasciato a far niente, nella sua stanza o in giro per la casa, faccia sentire in colpa il genitore: così la preoccupazione di organizzargli il tempo diviene un modo per liberarsi dal proprio senso di colpa piuttosto che un tentativo per capire quali siano i suoi veri desideri e bisogni!
Lasciamo che i bambini stiano anche da soli, magari semplicemente a guardare le nuvole, e in quella solitudine – ben diversa dall’isolamento! – abbiano tempo per pensare, per costruire dei pensieri, per immaginare qualcosa che verrà.
Pensate che sul piano psicomotorio il tempo, per il bambino, prima di essere una nozione cognitiva/razionale (legata alla conoscenza e all’utilizzo dell’orologio e del calendario) è prima di tutto un’esperienza emozionale connessa, soprattutto nei primi mesi, ai ritmi (sonno-veglia, del bisogno e della soddisfazione, della presenza e dell’assenza del corpo materno) e al trascorrere ripetitivo e regolare delle esperienze vissute con la madre.
Ha a che vedere con il suo vissuto. E’ un tempo vissuto!
Per molto tempo i bambini continueranno a fare confusione tra il prima e il dopo, tra l’oggi e il domani.
E impiegheranno ben 8 anni prima di saper leggere l’orologio!
Il bambino è molto diverso da noi, continua a ricordarci Montessori, funziona diversamente dagli adulti e questa incomprensione ci fa scivolare in una lotta quotidiana, in cui i suoi bisogni non sono riconosciuti.
“Dai, sbrigati, siamo in ritardo, che lento che sei!”.
Sono spesso le frasi ricorrenti che come genitori rivolgiamo ai nostri figli, forzando i ritmi e i cicli naturali cosmici con cui i bambini si trovano in perfetta sintonia!
Non dimentichiamo che loro non stanno dentro una concezione utilitaristica del tempo, così come è per noi, non devono OTTIMIZZARE il tempo, devono viverlo. Punto e basta!
- Il bisogno di usare le mani
Un bisogno che si manifesta molto presto, già nei primi tre anni di vita e a cui possiamo rispondere offrendo ai nostri bambini oggetti semplici che si possono trovare in casa.
Maria Montessori ci ricorda come il bambino
“mostra una irresistibile tendenza a toccare tutto e a soffermarsi sugli oggetti. È occupato di continuo, felice, sempre affaccendato con le sue mani. La sua intelligenza (…) ha bisogno di un ambiente che offra motivi di attività, perché ulteriori sviluppi psichici devono avvenire in questa epoca formativa”.
Per provvedere a questo naturale bisogno dovremmo cercare, oggi più che mai, di evitare giochi commerciali, costruiti prevalentemente in plastica coloratissima che disturbano l’attenzione dei bambini con i loro esagerati stimoli e inducono a gesti stereotipati. Teniamo presente che l’eccesso di colori, suoni, movimento li eccita e li stanca in maniera poco naturale. Di fatto li sfinisce!
Andiamo piuttosto sul semplice: proponiamo oggetti in legno, osso, metallo, stoffa. leggeri, proporzionati alle loro mani come piccoli sonagli, nastri colorati, oggetti che abbiano caratteristiche sensoriali diverse (morbidi, duri, lisci, ruvidi, piccoli, grandi…), da infilare in semplici scatole forate, oggetti piccoli e grandi che possono mettere uno nell’altro, ma anche giochi da trainare o da spostare. Tanti di questi (oggetti) sono reperibili in casa: tappi di ogni tipo, coperchi di barattoli, scatole di diverse dimensioni, grosse castagne, rotoli di cartone, stoffe, mollette, piccoli mestoli, grandi cuscini.
Man mano il bambino crescerà, pertanto le sue mani diventeranno sempre più “potenti” ed espressione di una intelligenza che osserva, studia, indaga, inventa, costruisce. Ne affinerà la precisione, acquistando maggiore abilità in attività come il disegno o che implicano l’incollare, il lavare, il tagliare, il piegare, l’assemblare. Aumenterà l’interesse a vestirsi e svestirsi da soli, ma anche verso attività sempre più complesse e legate, in modo particolare, alla quotidianità nella casa: lavare gli indumenti, annaffiare le piante, apparecchiare la tavola, preparare una buona merenda, spremere un’arancia, tagliare le verdure, spazzare il pavimento.
- Il bisogno di esperienze “selvagge”
L’identità per il bambino è prima di tutto identità corporea.
Il movimento, pertanto, è uno strumento importante messo a disposizione del bambino dalla natura perché evolva nel suo percorso di crescita.
Agli adulti spetta il compito di non ostacolare il movimento, ma di favorirlo, di incoraggiare il bambino, rassicurarlo…anche quando la sua attività motoria può sembrare al limite del rischio!
Come riporto nel mio libro “Un’altra educazione è possibile. La risposta montessoriana ai bisogni dei bambini”, nel 2011 Ellen Sandseter, docente di educazione della prima infanzia presso il Queen Maud University in Norvegia, osservando diversi bambini in età prescolare durante il gioco, individuò sei comportamenti “rischiosi” ritenuti molto emozionanti dai bambini stessi.
I risultati della sua ricerca confermavano che i bambini hanno una vera necessità sensoriale di provare il pericolo e l’eccitazione; questo non significa che ciò che fanno debba essere davvero pericoloso, ma solo che debbano sentire che stanno correndo un grosso rischio. La cosa li spaventa, ma poi superano la paura; un’esperienza importante di cui i bambini hanno bisogno per la loro crescita, altrimenti le paure si trasformano facilmente in fobie.
Questi i sei comportamenti rischiosi:
- l’esplorazione delle altezze – arrampicarsi, saltare da un terreno solido o instabile, stare in equilibrio, appendersi a testa in giù, penzolare, salire più in alto possibile;
- maneggiare attrezzi pericolosi – forbici, coltelli, pesanti martelli che all’inizio sembrano impossibili da tenere in mano, ma che i bambini imparano a padroneggiare;
- stare accanto a elementi pericolosi – giocare vicino a vaste distese d’acqua o al fuoco, consapevoli del pericolo incombente;
- fare la lotta o giochi scalmanati per imparare a negoziare l’aggressione e a cooperare;
- sperimentare la velocità – andare in bicicletta o sugli sci, sullo skateboard, sull’altalena, sulle giostre a un’andatura che sembri troppo veloce.
C’è un aspetto di questa lavoro che Ellen Sandseter considera come il più importante di tutta la ricerca: se i bambini vengono lasciati liberi di fare queste esperienze diventano estremamente responsabili delle loro azioni e delle conseguenze delle loro azioni.
Anche Maria Montessori parla di un’età che lei definisce del “massimo sforzo”, un periodo della vita in cui il bambino desidera trasportare oggetti pesanti, fare esperienze che sollecitino l’uso emozionante delle capacità corporee come saltare, cadere, tuffarsi, scivolare, arrampicarsi:
“Anche l’istinto di arrampicarsi, che è così palese nel bambino, non è che uno sforzo per salire: egli cerca qualcosa di «difficile» intorno a sé su cui potersi arrampicare, magari una sedia”.
(Maria Montessori)
Tutte esperienze che aumentano la sicurezza dei bambini nelle proprie competenze motorie, ma che risultano altrettanto importanti per l’”allenamento psichico-emozionale” che offrono.
“Nel movimento vediamo come si sviluppa il lavoro dell’individuo, e il lavoro dell’individuo è espressione della sua psiche ed è la vita psichica stessa”.
(Maria Montessori)
- Il bisogno di silenzio
Quanti malintesi intorno al silenzio!
Per noi adulti, spesso e volentieri, favorire il silenzio significa imporlo, mettere a tacere il bambino, piuttosto che creare le condizioni affinché venga ricercato spontaneamente.
“Il silenzio, nelle scuole comuni, vuol dire la «cessazione del chiasso», l’arresto di una reazione, la negazione della scompostezza e del disordine. Mentre il silenzio può intendersi in modo positivo come uno stato «superiore» al normale ordine delle cose. Come una inibizione istantanea che costa uno sforzo, una tensione della volontà e che distacca dai rumori della vita comune quasi isolando l’anima dalle voci esteriori”
(Maria Montessori)
Oggi molti studi confermano che alcune brevi e divertenti attività, come il semplice chiedere ai bambini di immobilizzare gradualmente ogni parte del corpo per spostare la loro attenzione su suoni e rumori di solito impercettibili (una mosca che svolazza, il suono delle lancette dell’orologio, la goccia d’acqua che scende dal rubinetto), se protratti nel tempo, generano cambiamenti straordinariamente positivi nella vita quotidiana. La loro attenzione si sviluppa, i loro gesti risultano più controllati, si dimostrano più calmi, desiderosi di sperimentare il silenzio, più padroni dei loro movimenti, in grado di autoregolarsi nell’uso della voce.
Il silenzio!
Un bisogno dell’anima del bambino di “sostare” nel fragore quotidiano, soprattutto quello imposto dalle tante e continue parole dell’adulto:
“Dire continuamente: non fare questo, non fare quest’altro; proibire continuamente, rimproverare continuamente è far perdere ogni valore a quello che si dice (…). L’importanza di non dire quel che il bambino ancora non può ricevere! Quel – glielo dico sempre – delle mamme è uno sciupio da due lati: il bambino si abitua a lasciar dire e l’adulto si abitua a parlare a caso”.
(A. M. Maccheroni)
Stiamo attenti al tipo di nutrimento che offriamo alla mente e all’anima dei nostri bambini.
Oggi molti di loro “viaggiano” di continuo nel “cyberspazio”, conoscono molto bene la play-station, recitano a memoria intere pubblicità, ma ignorano profumi e colori della natura, non usano più le loro mani, se non per interagire con lo schermo di un telefonino che incautamente gli mettiamo in mano per farli stare buoni e tranquilli, a sette anni ancora non sanno vestirsi da soli, a dieci non sanno usare le posate, ancora più grandi non sono in grado di fare una capriola, di saltare a piedi uniti, di arrampicarsi su un albero, non riescono a esercitare un controllo inibitorio per contenere l’impazienza, la frustrazione di attendere il proprio turno mentre dialogano con qualcuno.
“Non restringete la natura del bambino, dategli tutto. Non date cose piccole e materiali. L’anima del bambino si nutre di grandezza!”
(Maria Montessori)
Montessori ci invita a educare “ingrandendo”, “dilatando” la personalità del bambino, per offrirgli una visione ampia dell’Universo che mira a fargli gustare la bellezza attraverso tutti i sensi, a coltivare quel senso di ammirazione per la Vita e per l’umanità scritto nel DNA del bambino stesso. Ne nasce già provvisto, come ci confermano recenti ricerche neuroscientifiche. Non dobbiamo crearlo, ma favorirlo.
Non c’è da insegnare, ma solo da proteggere, ravvivare. C’è da coltivare il senso di meraviglia, perché non si spenga negli anni.
Quante volte, invece di proteggere la sensibilità naturale dei nostri bambini, noi adulti, con la nostra indifferenza, con il nostro disgusto, le paure, le continue proibizioni non facciamo altro che distruggere: “Non toccare, non salire, è sporco, ti bagni, fa schifo, ti ammali, ti fai male!”
Godere del fruscio del vento e del calore del sole, saltellare qua e là, arrampicarsi sugli alberi, osservare i piccoli insetti, ascoltare il cinguettio degli uccellini, camminare a piedi nudi sull’erba, raccogliere le foglie secche, curare le piante, giocare nei torrenti, camminare lungo la battigia per cercare conchiglie, saltare nelle pozzanghere, rotolare nella neve, osservare i cambiamenti dovuti all’alternarsi delle stagioni, sono solo alcune delle esperienze che mettono i bambini nelle condizioni di agire con il proprio corpo, di raccogliere attraverso i sensi, dall’ambiente, informazioni su tutto ciò che sta attorno a loro e di maturare un senso di ammirazione per la vita e il mondo intero che nessun programma televisivo, nessun videogioco o addirittura libro può sostituire.
Che grande opportunità, che importanti strumenti di conoscenza e di approccio alla vita offriamo ai nostri bambini quando gli permettiamo di osservare, ascoltare, odorare, toccare e assaggiare la natura!
Sono queste le esperienze che permettono loro di comprendere chi sono, qual è il loro posto sulla Terra e nell’Universo. Un’ “educazione cosmica” che mira a coltivare l’amore per la vita, un amore che nasce dalla conoscenza e dalla propria personale esperienza nell’ambiente.
Tutto ciò che riusciamo a offrire alla loro precoce capacità di osservazione e di partecipazione, al loro mondo emotivo e al loro stupore rimarrà nel tempo, nutrirà la loro anima, li preparerà a diventare buoni cittadini del futuro.
“Il segreto di un buon insegnamento è di considerare l’intelligenza del bambino come un campo fertile in cui si possono gettare delle sementi, perché germoglino al calore fiammeggiante della fantasia. (…) Noi non vogliamo bambini compiacenti, ma appassionati; cerchiamo di seminare nel bambino non delle teorie, ma della vita, di aiutarlo nel suo sviluppo mentale e affettivo oltre che fisico. Per questo dobbiamo offrire idee nobili e grandiose alla mente umana, che è sempre pronta ad accoglierle e a chiederne altre e altre ancora”.
(Maria Montessori)
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