Non è mia intenzione entrare in merito al dibattito enorme che si è creato intorno alla dolorosa vicenda della bambina di 10 anni morta per aver partecipato a un gioco estremo sul noto social TikTok.
Ma come pedagogista che da più di 20 anni incontra e aiuta i genitori a svolgere nel modo migliore il loro compito educativo, ritengo necessario e doveroso condividere una riflessione sul tema della fiducia nei bambini, a proposito del loro utilizzo della rete.
Ripeto, non voglio dibattere su quanto stanno già facendo fior fiore di esperti, né tantomeno attribuire colpe ai genitori in questione, ma credo che questa triste vicenda ci imponga una seria riflessione su come stiamo educando i nostri figli e custodendo la loro infanzia.
Avere fiducia nei bambini non significa lasciare che abbiano e facciano tutto ciò che chiedono e vogliono, senza vincoli nè regole.
Se nella nostra relazione con i bambini il decidere da sé viene stabilito troppo presto, possediamo un’idea malsana del concetto di fiducia e libertà che con questo presupposto diventano angoscia, abbandono.
Essere d’accordo con tutto ciò che chiedono, cedere a ogni loro richiesta che non sia l’espressione di un reale bisogno, significa evitare di educarli al senso di responsabilità, preparare la strada per la loro infelicità.
Purtroppo ancora oggi non abbiamo chiaro quali siano le vere necessità dei bambini e andiamo facilmente in confusione quando si tratta di capire cosa assecondare o meno.
Educare non significa accondiscendere, incorrendo nel rischio di viziare, cioè, indurre, il più delle volte inconsapevolmente, un bambino ad acquisire cattive abitudini. Chiediamoci se nel rispondere alle richieste dei nostri figli siamo spinti dalla necessità di trovare soluzioni accomodanti per noi adulti, ma diseducative per i nostri figli oppure se stiamo offrendo adeguate risposte ai loro veri bisogni.
Come nel caso in cui lasciamo che utilizzino precocemente, abitualmente, in autonomia e solitudine cellulari, tablet, videogiochi e quant’altro.
Numerosi studi scientifici, a livello internazionale, ci confermano quanto questo sia altamente rischioso. E dal punto di vista legale non sarebbe permesso ai bambini, al di sotto dei 13 anni, rimanere da soli su nessun social. Nessuno.
Dobbiamo essere consapevoli che ogni esperienza va offerta ai nostri figli al momento giusto, deve essere, perciò, rispettosa della loro natura.
L’amore da solo non basta. Non mi stancherò di ripeterlo!
Esso deve essere impregnato della conoscenza di chi è il bambino e di cosa può essere appropriato per la sua crescita, che non va ostacolata.
“Possiamo amare i nostri figli tanto teneramente da essere ciechi di fronte a ciò che è meglio per loro”. Maria Montessori
Cellulari e tablet sono oggetti che non possono essere considerati l’alternativa migliore, in tantissimi casi l’unica, per divertirli, distrarli o farli rilassare.
Certo, è innegabile: a causa del momento che stiamo vivendo molti bambini hanno poche occasioni di contatto reale con il mondo della scuola, con gli amici più cari, con i nonni e altri familiari.
Ciononostante, è fondamentale che il tempo trascorso dai nostri figli “online” sia regolamentato, controllato dagli adulti e non prevalga sull’”offline”, per evitare le tristi conseguenze del loro “sovradosaggio”.
Non illudiamoci. Non è assolutamente vero che siamo
“all’alba di una nuova specie, quella dei nativi digitali. In realtà le neuroscienze ridimensionano questa affermazione. I bambini appena nati di oggi sono in realtà antichi, frutto di un’evoluzione lunghissima. Noi siamo nativi animali e i bambini di oggi hanno un cervello identico a quello dei loro progenitori di centomila anni fa”. Raniero Regni
Facciamo, perciò, molta attenzione a dare il buon esempio, facendo buon uso dei dispositivi.
Certo, cosa estremamente difficile quando le occasioni di aggregazione sono limitate come in questo periodo, o quando per necessità professionali dobbiamo lavorare per molte ore in smart working.
Ma, se i nostri figli ci vedono continuamente connessi al pc, al tablet, al cellulare, sarà inevitabile che proveranno a fare lo stesso.
Maria Montessori sostiene che quanto il bambino vede e sente accadere intorno, non solo penetra nella sua mente, ma la forma. Si incarna in lui.
“Il bambino crea la propria «carne mentale», usando le cose che sono nel suo ambiente”.
Un ambiente che ha il grande potere di aiutare la crescita, così come di deviarla e ostacolarla. Oggi, grazie alle neuroscienze, sappiamo che il cervello diventa quello di cui fa esperienza.
I nostri figli ci guardano, ci osservano, assorbono dai nostri comportamenti molto di più che da ciò che insegniamo o proibiamo loro. Diamo il buon esempio, insegniamo loro a sviluppare al meglio un
“metodo per dirigere bene la propria mente, che permetta di affrontare personalmente i problemi del vivere”. Edgar Morin
E facciamo di tutto per esserci, per stargli vicino, con attenzione e consapevolezza, mentalmente ed emotivamente – magari insegnando loro come utilizzare i social! -, affinchè possano attingere il meglio da noi e trasformarlo in un beneficio personale che li renda individui forti, resilienti, felici e appagati.
Non lasciamo che questi apparecchi ci assorbano così tanto tempo ed energie da ridurre drasticamente le opportunità di relazione con loro. L’essere sempre più connessi virtualmente – continuamente sollecitati da notifiche, email, messaggi -, ci aliena nella mente e nel corpo, proprio in un momento della nostra vita in cui ci è richiesto di essere profondamente presenti a noi stessi, per essere in grado di affrontare le sfide emotive che l’essere genitori richiede.
Non è necessario che i nostri figli abbiano di tutto e di più. Avere fiducia nei nostri bambini significa essere consapevoli che ciò che conta davvero e di cui hanno più bisogno è che stiamo vicino a loro, che li amiamo, che li conosciamo profondamente, che prestiamo particolare attenzione alla loro individualità, che li facciamo sentire protetti, che siamo pienamente presenti.
Purtroppo la società in cui viviamo non attribuisce sufficiente valore al ruolo del genitore. Dove sono le reti di sostegno, i modelli di comportamento, chi si prende cura delle mamme e dei papà sostenendoli al meglio nello svolgimento del loro compito e facendo comprendere loro quanto sia importante il loro contributo per la società intera?
Consapevole di questo nel 2016 nasce da una mia intuizione il progetto di Scuola Genitori secondo l’approccio montessoriano.
Un’iniziativa, PRIMA e UNICA a livello nazionale. Uno spazio dentro il quale, attraverso gli insegnamenti montessoriani, le mamme e i papà hanno la possibilità di avere accesso a un altro modo di approcciarsi ai loro figli, per capire meglio come “funzionano” e trovare le risposte giuste alle loro necessità.
Se vuoi maggiori informazioni contattami scrivendo a info@danielascandurra.com