Ti hanno detto che il pianto è l’unico modo che ha un bambino molto piccolo, soprattutto appena nato, di esprimere le proprie necessità. Lo sai bene, in teoria…
ma quando tuo figlio comincia a piangere, i sentimenti che il suo pianto accende dentro di te non corrispondono all’amore che provi nei suoi confronti. Ti senti in ansia o provi irritazione, fastidio, senso di impotenza, inadeguatezza e più di tutto senti l’urgenza che il tuo bambino smetta in fretta di piangere.
D’altronde, cosa ne sai di questo essere venuto al mondo da poco tempo?
- Come interpretare il suo comportamento?
- Ha fame?
- Ha sete?
- Prova qualche fastidio?
- Sta piangendo senza alcun motivo?
- E poi…lo devi prendere subito in braccio o lo lasci piangere come ti hanno suggerito in tanti, altrimenti lo vizi?
Cara mamma, caro papà, devi sapere che un bambino piccolo non può essere né buono, né cattivo.
Figuriamoci capriccioso!
Non possiede l’intenzionalità di provocare fastidio, ma esprime precisi bisogni: se si tratta di un neonato può aver fame o sentire l’esigenza di essere cullato, coccolato. Spesso anche solo un rumore può sembrargli così strano da causarne il pianto. O addirittura una posizione che a noi può sembrare confortevole, al nostro piccolo può risultare molto fastidiosa. O forse è sollecitato da troppi stimoli: troppa luce, troppa gente intorno, troppi cambiamenti nell’ambiente…
In ogni caso, se piange c’è sempre una ragione.
E’ un essere estremamente sensibile, pertanto, cose apparentemente insignificanti potrebbe percepirle come terribili e dolorosissime.
Cosa puoi fare, allora, quando il tuo bambino piange?
Maria Montessori ci incoraggia a coltivare la sensibilità nel “riconoscere tutti i bisogni del bambino”, perché è solo in questo modo che l’adulto “potrà dargli quell’aiuto che gli è necessario”. Bisogna, pertanto, procedere con calma e non aver fretta di farlo smettere di piangere.
Il bambino va compreso, non solo calmato o zittito!
Se vogliamo che la situazione non ci sfugga di mano dobbiamo agire con tranquillità, con atteggiamento empatico, provando a metterci nei suoi panni. È fondamentale osservarlo con attenzione, in maniera accurata, imparando a leggere il linguaggio che si esprime attraverso il suo corpo.
- Se per esempio fa un pianto lungo e forte è molto probabile che sia stanco o sovraccarico di stimoli (questo accade soprattutto se li portiamo in giro in posti caotici ed affollati come supermercati, ristoranti, negozi e altri luoghi pubblici).
- Se, invece, ha mangiato, non sembra stanco e non è neanche interessato alla giostrina, ma continua a piangere, sicuramente si tranquillizzerà in braccio. Il neonato ha bisogno della presenza dell’adulto non solo per essere cambiato e nutrito, ma anche per sentirsi rassicurato dal contatto fisico, dalle dolci parole con cui gli parliamo, dalla nostra compagnia.
È necessario “imparare a capire il linguaggio dell’anima che si forma” (Montessori).
Harvey Karp, famoso pediatra ed esperto in sviluppo infantile, sostiene che i primi tre mesi di vita extrauterina vanno considerati come un “quarto quadrimestre”. Alla nascita un bambino è ancora immaturo, perciò, si sente confortato e rassicurato quando sperimenta le stesse sensazioni che lo hanno accompagnato nel ventre materno – la suzione, i movimenti ritmici, la calda esperienza di contenimento, i suoni ovattati…
Questi primi mesi possono essere paragonati a un ponte che mette in comunicazione la vita dentro e quella fuori.
“Il quarto trimestre è il regalo che i neonati desiderano veramente dai loro genitori”.
H. Karp
Per un bambino molto piccolo, tutto ciò che sperimenta nel “nuovo” mondo può sembrare terribilmente spaventoso e doloroso. Ecco perché è importante accorrere prontamente per rispondere al suo pianto. Nella misura in cui riceverà tempestiva risposta, imparerà a ridimensionare il proprio sconforto. Diversamente, se lo faremo aspettare a lungo, la sua sofferenza aumenterà e potrebbe arrivare a non piangere più. E non perché è riuscito a tranquillizzarsi da solo, ma perché la sua fiducia è stata minata e il suo pianto si è congelato dentro al suo cuore.
Cara mamma, caro papà, sappi che è fondamentale rispondere al pianto del tuo piccolo, nello stesso modo in cui rispondi al suo sorriso. Ignorare quanto ti sta comunicando attraverso le sue lacrime gli farà percepire di essere amato solo quando è felice. Nel tempo si convincerà che la rabbia e la tristezza sono emozioni negative, non accettabili, da non esprimere e non potrà fare esperienza dell’amore incondizionato di cui ha bisogno per crescere bene.
“Seguire attentamente tutte le espressioni dell’anima infantile, rendere il bambino libero in modo che possa manifestare i suoi bisogni e garantirgli tutti i mezzi esteriori occorrenti per il suo progresso, questa è la premessa per un libero ed armonioso svilupparsi e formarsi delle sue forze germoglianti”.
Maria Montessori
A questo punto, forse, ti stai chiedendo? “Ma se faccio così, non rischio di viziarlo?”
Ascoltare un bambino, accogliendo il suo pianto, non ha niente a che vedere con il viziarlo.
Tutt’altro!
Quando prendiamo in braccio nostro figlio per confortarlo, oppure lo culliamo, gli cantiamo una ninnananna, non solo lo rassicuriamo e gli facciamo sperimentare una situazione a lui familiare, ma sollecitiamo una profonda risposta neurologica che il pediatra H. Karp chiama “riflesso della calma”, un automatismo che la natura mette in atto per far cessare il pianto del bambino molto piccolo.
Perciò, la prossima volta che tuo figlio comincerà a piangere, non averne paura, non irritarti. Piuttosto, lasciati raggiungere dal suo pianto. E sappi che ogni genitore ha dentro di sé la capacità di ricevere le emozioni che il suo bambino esprime e di restituirgliele accettabili, tollerabili. All’inizio sono la madre e il padre che pensano al posto del proprio figlio, filtrando i suoi sentimenti. Fino a quando non sarà in grado di farlo da solo.
È così che funziona.
Inizialmente i bambini “interpretano” ogni esperienza attraverso le nostre reazioni, alle quali, perciò, dobbiamo fare molta attenzione. Eh si, perché a volte possono essere impulsive, soprattutto se siamo particolarmente stanchi (forse abbiamo trascorso la notte in bianco, oppure non possiamo contare sull’aiuto di amici o parenti per la cura del nostro bambino).
Il nostro stato emotivo influisce inevitabilmente su di loro e sul loro comportamento. Se sono molto piccoli, difficilmente riescono a “spiegarsi” razionalmente i nostri stati d’animo. “Sentono” come ci sentiamo ed entrano immediatamente in risonanza con le nostre emozioni.
Allora, se ti senti particolarmente stanca/o, disturbata/o dal continuo pianto del tuo piccolo e l’unico desiderio che nutri è di farlo tacere, prova a fermarti.
Fai un profondo respiro, “rientra” in te stessa/o prima di avvicinarti a lui, che ha bisogno di trovare in te tranquillità, calma, fiducia, sicurezza in se stesso.
Non è colpa tua se tuo figlio piange tanto. Puoi fare solo del tuo meglio per aiutarlo ad adattarsi il più possibile alla sua nuova vita.
E’ solo sperimentando da subito questa relazione così intensa che potrà diventare col tempo autonomo e indipendente.
E abbi fiducia: col passare del tempo imparerai a conoscere meglio il tuo bambino e i suoi bisogni e a reagire in modo sempre più adeguato alle sue richieste.
———————————————————————————————————————————–
Devi sapere che esiste un Approccio, quello Montessori, le cui intuizioni, continuamente confermate dalla ricerca pedagogica e dalle neuroscienze, possono fare la differenza nel tuo rapporto con tuo/a figlio/a.
Vuoi conoscerlo e beneficiare della sua efficacia?
Contattami scrivendo una mail a info@danielascandurra.com