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AMARLI AD ALTO CONTATTO

“Credo proprio di poter dire che esiste una memoria cieca che riguarda le nostre esperienze più lontane (…) è come se avessi riscoperto questi ricordi della pre-coscienza e sono ricordi di un grande calore, di una grande presenza carnale. Una madre che non parlava tanto, ma che era estremamente presente con la sua persona. Tanto per fare un esempio, quando sono stata ammalata di otite lei passava le notti intere con la mano sul mio orecchio perché il tepore della sua pelle mi dava sollievo. Lo segnala nei suoi diari, non per lamentarsi o per sottolineare il sacrificio fatto, ma solo come cronaca, cronaca della normalità dell’amore materno, aggiungo io” (D. Maraini).

Queste vibranti parole, attraverso cui Dacia Maraini ricorda il caloroso legame con la madre, ci aiutano a comprendere cosa accade quando tocchiamo la pelle di un bambino: non si tratta di un tocco superficiale, ma entriamo nel profondo del suo essere, arriviamo al suo cuore!

La prima realtà del bambino è costituita dall’esperienza del corpo con la madre e col corpo di lei vissuto come sostegno; è in questo primo spazio corporeo fatto di emozioni e di sensazioni che ogni piccolo sperimenta i propri confini corporei e sente di esistere. 

“Le nostre prime sensazioni, le nostre prime esperienze sociali sono associate alle mani, agli occhi, al corpo, alla voce di una donna”

(A. Rich)

Ogni bambino per crescere ha bisogno di essere incoraggiato da un tocco dolce e buono, da coccole e carezze, di essere sostenuto da uno sguardo affettuoso, dalla qualità dei gesti e dal tono caldo della voce. Il suo sviluppo è inevitabilmente dipendente e regolato dall’efficacia della relazione fra il suo corpo e quello della madre, base per tutte le relazioni future.

Sappiamo molto bene come senza il contatto pelle a pelle nessuno sarebbe in grado di sopravvivere. Le conseguenze della carenza di contatto corporeo sono addirittura molto più evidenti di quando si viene privati di cibo o di bevande.

“Essere tenuti in braccio, cullati, carezzati, essere tenuti stretti, massaggiati, tutti cibi per i bambini, indispensabili quanto, e più, di vitamine, sali minerali e proteine. Se è privato di tutto questo e dell’odore, del calore e della voce che conosce bene, il bambino, anche se pieno di latte, si lascerà morire di fame” 

(F. Leboyer)

Recenti studi e ricerche che comparano gli stili di accudimento delle popolazioni del sud del mondo, definiti ad alto contatto, con quelli delle società industrializzate, stili a basso contatto, ci confermano come le pratiche di maternage che privilegiano un contatto corporeo pressoché continuo e che, perciò, permettono ai bambini di godere per parecchio tempo dopo la nascita un’esistenza da piccoli marsupiali, rispondono non solo a una necessità fisiologica di primaria importanza, ma garantiscono una crescita fisica ed emozionale migliore.

Nello stile di cura ad alto contatto il parto avviene in casa o comunque in un ambiente protetto, l’allattamento è a richiesta e prolungato, la notte il bambino dorme nel lettone o nelle immediate vicinanze e durante il giorno viene massaggiato e portato in fascia. Prendendo in prestito le parole da Dacia Maraini, possiamo dire che si tratta di uno stile relazionale caratterizzato da una forte presenza “carnale”.

Differentemente, secondo il modello a basso contatto la nascita avviene in strutture altamente medicalizzate, dove per le procedure di routine è prevista la separazione tra madre e bambino, l’allattamento è prevalentemente artificiale, la notte il bambino dorme da solo nella sua camera e di giorno trascorre la maggior parte del suo tempo nella sdraietta, nell’ovetto, nel box, nel girello, nel passeggino, ecc. La relazione che caratterizza questo stile di accudimento si gioca maggiormente sullo sguardo e sulla comunicazione verbale.

Sembra proprio che, mentre una grossa fetta del mondo riconosce socialmente e soprattutto corrisponde “adeguatamente” al bisogno di contatto fisico dei bambini, il nostro mondo occidentale sia più preoccupato di “addestrare” precocemente i propri figli all’indipendenza, dimenticando che più ai bambini verrà data la possibilità di stare vicino all’adulto quando lo richiedono, più saranno in grado di stare da soli. Più verrà accolto e corrisposto il loro desiderio di contatto pelle a pelle, più questo faciliterà il percorso verso l’autonomia.

Rispondere a intermittenza o in maniera brusca a questo bisogno primordiale di ogni cucciolo d’uomo non fa altro che rallentare il processo di formazione della “sicurezza interiore”. Una sicurezza che passa, per l’appunto, attraverso l’esperienza dell’essere stato tenuto e con-tenuto.

Un genitore ad alto contatto è un genitore che sa con-tenere il proprio figlio con l’abbraccio fisico, mantenendolo dentro alle sue braccia. Si tratta di un abbraccio che all’inizio è fisico, reale, e che nel tempo diventa metaforico. In ogni momento un figlio, man mano che cresce, se ha fatto l’esperienza del contenimento tra le braccia dei suoi genitori, sarà sicuro di essere con-tenuto nella loro mente, saprà che nei loro pensieri c’è posto per la sua individualità, la sua originalità, per il suo essere.

Winnicott ci ricorda che se il padre e la madre non sviluppano questa capacità di contenimento il bambino può provare la sensazione di cadere quasi a pezzi, di non essere considerato nella sua totalità, nella sua interezza.

Allevare un bambino condividendo questo impegno con una famiglia “allargata” o un’intera comunità, proprio come accade nei paesi del sud del mondo, influisce diversamente sull’intensità corporea della relazione e sulla capacità dell’adulto di rispondere adeguatamente ai bisogni del proprio piccolo.

Purtroppo queste condizioni si verificano sempre meno nel nostro mondo occidentale.

In ogni caso, credo sia importante chiederci quali ricadute possa comportare uno stile genitoriale che si caratterizza per uno scarso contatto fisico.

Come ci fa presente E. Balsamo riprendendo alcune considerazioni di B. Lozoff: 

se tutta la storia umana fosse rappresentata da un’ora gli ultimi 200 anni di industrializzazione sarebbero rappresentati dall’ultimo centesimo di secondo: il modello a basso contatto che sembra il più moderno e scientifico è un’invenzione tipica delle società industrializzate occidentali, è un’acquisizione molto recente che non presenta vantaggi particolari per il benessere del bambino. Anzi le conseguenze biologiche, fisiologiche e psicologiche non sono mai state effettivamente valutate. Quale sarà il prezzo che i bambini pagheranno?”.

Amare un bambino significa saperlo accogliere nella molteplicità e nell’ eterogeneità dei suoi bisogni. 

“Corrispondere ai bisogni dell’essere immaturo: uniformarsi alle sue necessità, rinunciando alle proprie: ecco ciò che dovrebbe fare l’adulto” 

(M. Montessori)

E il bisogno di contatto è un bisogno “irrinunciabile”, secondo una splendida definizione con cui T. B. Brazelton & S. I. Greenspan identificano tutte quelle esperienze educative alle quali ogni bambino ha diritto e che nessuno adulto ha il diritto di ignorare.

Le esperienze che valorizzano il contatto fisico come il tenere in braccio, il cullare, l’accarezzare, il massaggiare, creano un tessuto comunicativo profondo.

  • Il genitore impara a conoscere intimamente il linguaggio corporeo del proprio bambino, riuscendo a comprendere, per esempio, come quest’ultimo reagisce attraverso il corpo a seconda che viva uno stato di tensione o di distensione.
  • Le stesse esperienze rinforzano nei bambini i vissuti di benessere del proprio corpo che viene percepito come qualcosa di piacevole, di buono, un corpo che da adulto diventerà sicuramente fonte di sicurezza, di forza, di gioia, di sensazioni piacevoli.
  • Inoltre, dal modo amorevole e attento di chi si prende cura di loro, i bambini sono in grado di costruirsi un’immagine di sé come persone meritevoli di cure amorose e di consolidare la capacità di riconoscere un tocco buono da uno che non lo è, imparando in questo modo a prestare attenzione alle situazioni pericolose.

Non solo.

Secondo alcune ricerche nell’ambito della neuropsicologia sembra esserci una stretta connessione tra un maternage ad alto contatto e comportamenti gentili, cooperativi e pacifici. Più un popolo valorizza le modalità tattili nelle relazioni, tanto meno sembrano “proliferare” le manifestazioni aggressive.

La relazione vissuta a stretto contatto corporeo lascia tracce indelebili di cui non ci si dimentica, anzi queste memorie corporee permettono di costruire delle modalità di interazione che si ripetono nel rapporto con gli altri.

Non dimentichiamo che l’educazione intesa come “aiuto alla vita” tocca la vita dei nostri bambini a 360 gradi.

Come disse V. S. McClure, autrice e promotrice del Massaggio del bambino nel mondo occidentale, durante il suo viaggio in India, quando si trovò davanti a una giovane donna che seduta nella sporcizia all’interno di una baracca massaggiava con amore il suo bambino: “Nella vita c’è molto di più del benessere materiale”.

Ricordiamo:

i bambini non devono essere idolatrati e idealizzati, ma accolti e accompagnati verso la crescita, in un atteggiamento di totale disponibilità emotiva e corporea.

“Quando il bambino ci si rivolge col suo cuore e si fissa a chiedere nutrimento all’anima nostra, dovremmo sempre essere pronti, come oggetti passivi, nel senso di non sottrarci mai per nostro egoismo alle necessità del bambino; ma corrispondendo con tutte le intime attività per riflettere su di lui i raggi luminosi di cui ha bisogno la sua anima pura”.

(M. Montessori)

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