Durante le mie consulenze mi capita spesso che le mamme e i papà condividano con me lo sgomento riguardo i “pericoli” a cui vanno incontro i loro piccoli.
“Sembra proprio che se li vada a cercare!” mi dice una mamma.
Ricordo anche un papà che a un certo punto esclama: “Ma è possibile che fra tutti i giochi che esistono al mondo mio figlio scelga di cimentarsi, solo e sempre, in quelli pericolosi?”
Ho pensato, perciò, che valeva la pena condividere, con voi che mi leggete, alcune riflessioni in merito.
Siamo davvero sicuri che il bambino vada a caccia di pericoli, ami farsi male e mettersi nei guai? Oppure, come ci ricorda Montessori, il bambino ubbidisce a LEGGI NATURALI che LO SPINGONO a sentire il bisogno di mettersi alla prova, di entrare fisicamente nel mondo non solo con la mente ma soprattutto con il corpo, per fare esperienza di emozioni, percezioni, e perché no? paure, e di confrontarsi con i propri limiti?
I bambini, ci confermano oggi gli studiosi dell’infanzia, hanno tutti una motivazione interiore che li sollecita a ricercare esperienze apparentemente “pericolose”, nel senso che includono un aspetto di rischio.
Si tratta di una componente intrinseca nel processo di apprendimento.
“…il bambino non è mai un aspirante suicida o anche solo masochista, il rischio che affronta è sempre proporzionato alle sue capacità e possibilità e lo affronta perché è necessario al suo piacere”.
(FRANCESCO TONUCCI)
Purtroppo dobbiamo fare i conti con una società particolarmente avversa al rischio.
Soprattutto quando si tratta di bambini.
In questi ultimi anni siamo ossessionati dalla sicurezza, proteggiamo in maniera assillante i nostri bambini – sicuramente le notizie di cronaca non ci aiutano – e nutriamo un’idea di bambino estremamente fragile, non in grado di destreggiarsi in situazioni rischiose, sia sul piano fisico che emotivo e sociale.
Siamo genitori “elicottero”, un modo di dire preso a prestito dal mondo anglosassone per indicare i genitori particolarmente apprensivi, eccessivamente presenti nella vita dei propri figli, tanto da comprometterne la crescita, un sano sviluppo emotivo e lo stesso processo di apprendimento che ha a che fare con il rischio di sbagliare, con la necessità di provare, misurare le proprie forze, gestire le emozioni in modo autonomo.
Eppure i bambini sono competenti nella gestione del rischio fin da piccolissimi!
Nel 2012 la rivista Psychological Science riportava alcuni dati molto interessanti: a partire dai primissimi tentativi di camminare i bambini fanno 14.000 passi al giorno, percorrendo la lunghezza di 46 campi da football e andando incontro…a 100 cadute!
Credo davvero che abbiamo confuso il rischio con il pericolo.
Tanto per chiarirci: sono rischiose tutte quelle situazioni in cui potrebbe essere possibile che si verifichino conseguenze negative, ma non possiamo prevederle.
Quotidianamente i bambini si trovano di fronte a una serie di rischi, quando:
- salgono o scendono le scale
- camminano su un terreno scosceso
- si arrampicano
- semplicemente manipolano oggetti di diverso tipo, come per esempio un sasso, una forchetta.
Tutte situazioni che i bambini ricercano spontaneamente per mettersi alla prova e in mezzo alle quali sono in grado di trovare soluzioni creative.
Mentre sono pericolose quelle circostanze nelle quali siamo assolutamente in grado di prevedere il danno che ne può derivare: se metto la mano sul fuoco è innegabile che mi ustiono!
Per Maria Montessori il bambino, geneticamente “programmato” per sviluppare il movimento, ha dentro di sè una spinta che lo porta irrefrenabilmente e veementemente a muoversi.
“Il bambino (…) è in preda ad una mobilità continua: il bisogno di muoversi (…) è irresistibile nell’infanzia (…). Il movimento è perciò essenziale alla vita; e l’educazione non può concepirsi come moderatrice o, peggio, inibitrice del movimento, ma solo come un aiuto a bene spendere le energie, e a lasciarle sviluppare normalmente”.
(Maria Montessori)
Questa modalità di movimento è tipica e caratteristica di tutta l’infanzia; attraverso essa il bambino fa esperienza di tutti gli usi possibili del corpo, vissuti con potente intensità non solo fisica, ma anche emotiva: rotolamenti, cadute, salti, spinte, arrampicate, scivolate, giri vorticosi su se stessi, contatti molto forti, dirompenti.
Esperienze intense sul piano sensoriale che fanno sentire i bambini
“sballottati”,
“girati”,
“capovolti”,
“centrifugati”
e che sono in presa diretta con le loro emozioni e la loro psiche: il bambino sente infatti che l’emozione che prova è così intensa e piacevole e questo gli permette di considerare il suo corpo come un “contenitore” di cose buone, di parti buone di sé.
Esperienze per le quali il bambino non ha uno scopo da raggiungere, ma
“(…) lo scopo è lo sforzo compiuto (…) il bambino ubbidisce a uno stimolo interno”.
(Maria Montessori)
Agli adulti spetta il compito di non ostacolare il movimento, ma di favorirlo, di incoraggiare il bambino, rassicurarlo anche quando la sua attività motoria può sembrare al limite del rischio!
Questo non significa che ciò che fanno i nostri bambini debba essere davvero pericoloso, ma solo che debbano sentire che stanno correndo un grosso rischio. La cosa li spaventa, ma poi superano la paura, un’esperienza importante di cui i bambini hanno bisogno per la loro crescita, altrimenti le paure si trasformano facilmente in fobie.
Ecco alcuni comportamenti rischiosi che vi ho già illustrato in un mio precedente articolo https://danielascandurra.com/i-bisogni-naturali-dei-bambini/ individuati a conclusione di una interessante ricerca condotta da Ellen Sandseter, che conferma quanto i bambini, particolarmente in età prescolare, hanno una vera necessità sensoriale di provare il pericolo e l’eccitazione:
- l’esplorazione delle altezze – arrampicarsi, saltare da un terreno solido o instabile, stare in equilibrio, appendersi a testa in giù, penzolare, salire più in alto possibile;
- maneggiare attrezzi pericolosi – forbici, coltelli, pesanti martelli che all’inizio sembrano impossibili da tenere in mano, ma che i bambini imparano a padroneggiare;
- stare accanto a elementi pericolosi – giocare vicino a vaste distese d’acqua o al fuoco, consapevoli del pericolo incombente;
- fare la lotta o giochi scalmanati per imparare a negoziare l’aggressione e a cooperare;
- sperimentare la velocità – andare in bicicletta o sugli sci, sullo skateboard, sull’altalena, sulle giostre a un’andatura che sembri troppo veloce.
- esplorare per conto proprio.
La nota interessante è rappresentata dal sesto comportamento “rischioso”, quello che Ellen Sandseter sottolinea come l’aspetto più importante di tutta la ricerca: se i bambini vengono lasciati liberi di fare queste esperienze diventano estremamente responsabili delle loro azioni e delle conseguenze delle loro azioni. E questa è davvero un’esperienza “eccitante”, ma soprattutto una grande opportunità di crescita.
Il pediatra Arnold Gesell definiva questo periodo dell’infanzia, soprattutto i primi 5 anni di vita, “l’età dell’acrobata”, riferendosi con questo termine a quel periodo dello sviluppo del bambino in cui l’intelligenza senso-motoria si manifesta attraverso un’esperienza di movimento prorompente, audace, “sconfinante”.
Giuseppe Nicolodi, psicologo e psicomotricista, fa presente come questa modalità di “esagerare” con il corpo, di “abusare” del movimento invece che usarlo, sia una modalità conoscitiva tipica dell’infanzia.
È l’età del “massimo sforzo”, secondo Maria Montessori, un periodo della vita in cui il bambino desidera trasportare oggetti pesanti, fare esperienze che sollecitino l’uso emozionante delle capacità corporee come saltare, cadere, tuffarsi, scivolare, arrampicarsi:
“Anche l’istinto di arrampicarsi, che è così palese nel bambino, non è che uno sforzo per salire: egli cerca qualcosa di «difficile» intorno a sé su cui potersi arrampicare, magari una sedia.”
(Maria Montessori)
Esperienze che aumentano la sicurezza dei bambini nelle proprie competenze motorie, ma che risultano altrettanto importanti per l’”allenamento psichico-emozionale” che offrono.
“Nel movimento vediamo come si sviluppa il lavoro dell’individuo, e il lavoro dell’individuo è espressione della sua psiche ed è la vita psichica stessa”.
(Maria Montessori)
I bambini che “funzionano” bene sono quelli che fanno i bambini, non quelli che si comportano come gli adulti. Non dimentichiamolo!
Un bambino per definizione corre.
Non cammina, non sta seduto.
I bambini normali sono quelli che vogliono muoversi, alzarsi dalla sedia, saltare, cadere.
In conclusione…
Stuoli di esperti confermano quanto coloro che non hanno avuto l’opportunità di sperimentarsi con il corpo sin da piccoli e, perciò, di conoscere se stessi e i propri limiti, non si sentiranno nel tempo riconosciuti come adeguati e capaci. La fragilità, la passività, l’insicurezza caratterizzeranno la loro personalità.
E allora, fidiamoci dei nostri bambini!